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martedì, luglio 24, 2007

[News] Estate tempo di cinema d'animazione

D’estate, in sala, si registra una moria di uscite anche solo vagamente interessanti: lo sanno bene e tornano a dolersene ogni anno i cinefili. Come un contentino arriva, di tanto in tanto (solitamente in zona maggio-giugno), qualche grosso blockbuster a stelle e strisce: Spiderman ha trovato la sua collocazione abituale in questo scorcio d’anno, ma è stato il caso recente anche di Tarantino sull’onda mediatica di Cannes, de I Fantastici Quattro, I Transformers e dell’ultimo Harry Potter. E tuttavia, questo è quanto. In USA, invece, ci troviamo proprio ora nel periodo prediletto dalle grosse case di distribuzione per far uscire i rispettivi prodotti di punta. Più che a Natale. Questione d’abitudini, si dirà. E cosa esiste al mondo di più abitudinario del popolo italiano?

Come si comporta il nostro Paese, difatti? Riversando puntualmente nelle sale gli scarti dell’anno precedente – per lo più thriller poco brillanti o qualche dimenticabile commediola sentimentale – e concentrando le uscite horror (la metà dei quali sono remake o sequel), dai titoli tutti troppo uguali, nell’arco ravvicinato di pochissimi week-end.
Poi ci sono loro, gli “oggetti dall’uso sconosciuto”, quei lungometraggi d’animazione giapponese di cui, evidentemente, non si capisce bene cosa fare e che rappresentano le autentiche cenerentole fra le uscite. Li si acquista, pare, soprattutto per il vasto interesse suscitato in quella truppa di giovani in marcia al seguito dei festival (Udine, ma anche la Venezia di Marco Müller), senza dispiegare però il coraggio necessario a puntare fino in fondo sulla loro appetibilità presso una fetta di pubblico più largo. Certo è che chi si muove per andarli a vedere nelle varie rassegne, poi non torna a pagare il biglietto per rigustarseli in sala (fatto salvo il caso dei super appassionati). E, dunque, non si capisce bene a chi si rivolga una simile politica distributiva, tutta improntata ai pochi (ma saranno poi davvero così rari come si ritiene? La vitalità delle discussioni sui vari forum ad esso dedicati lascia propendere piuttosto per l’ipotesi contraria) fan del settore.
Autetiche perle come Metropolis di Rintaro (tratto da Osamu Tezuka), Cowboy Bebop – The Movie di Shinichiro Watanabe, Steamboy di Katsuhiro Otomo, Paprika di Satoshi Kon, o un film forse meno risolto, ma comunque intrigante come Kyashan – The Movie, non sono state trattate col dovuto riguardo e sono state fatte togliere dalla circolazione entro brevissimo tempo. Prima dell’Orso d’Argento e dell’Oscar per La Città Incantata, lo stesso Miyazaki ha condiviso una sorte simile: quanti ricordano l’uscita di maggio, per una sola settimana, in un’unica sala (e parliamo di Roma!) del capolavoro Mononoke Hime? Proprio il film che in casa surclassava, in termini di incassi, la corazzata Titanic? Qualcuno affermerà che le cose cominciano lentamente ad evolversi, dal momento che in poco tempo abbiamo registrato l’uscita non solo dell’ultimo film di Kon, ma anche il recupero del Lupin di Cagliostro. Per quanto tempo, tuttavia?

Diverso è il caso dei film d’animazione adulti della Pixar o dei cavalli vincenti come l’inossidabile Shrek. Ma lì il battage pubblicitario, componente imprescindibile del “pacchetto film” per i producers statunitensi, assume tutt’altra convinzione (e dimensione). L’animazione europea, fatta salva l’elitaria produzione francese (Ocelot in testa, per continuità e qualità, ma anche quel gioiellino di Appuntamento a Belleville di Sylvain Chomet) versa in uno stato a dir poco pietoso e non pare proprio in grado, al momento, di arginare la concorrenza transoceanica. Il “Caso Italia”, limitato alla consueta proposizione del mix trito e ritrito di commedia all’italiana e canzonette alla Disney, è la spia più lampante del disagio di quanti ignorino le infinite possibilità proprie all’animazione.
L’analfabetismo italiano nel settore parte proprio da lì, dalla distribuzione, il cui prevedibile comportamento è ormai stigmatizzato: si scopre un filone aurifero, il teen-horror, ad esempio, e lo si sfrutta fino allo sfinimento. Ma si dimostra raramente il coraggio di andare a pescare dell’altro. E non stiamo affatto parlando qui di ardito cinema sperimentale o di film di difficile fruizione. Magari, invece, la disfunzione risale a monte: da altre scelte distributive, quelle televisive di Mediaset e RAI, che puntano oramai solo su quei prodotti in grado di schierare un merchandising davvero imponente (vedi zainetti e altri strumenti per la scuola) tipo la Sailor Moon o i Pokémon di qualche anno fa rivolti al pubblico dei più piccini.

Lamentare queste disfunzioni non equivale a parlarsi addosso, quanto a lanciare un grido d’allarme affinché il quadro possa migliorare: finché chi detiene il potere di traghettare in Italia il meglio della produzione mondiale non si renderà conto in prima persona dell’eccezionale valore artistico di molti prodotti d’animazione, nulla potrà cambiare.
Quando si oltrepassano gli angusti confini nazionali, si nota come l’animazione venga trattata ben diversamente: interi settori delle grandi catene d’audiovisivo vengono occupati bellamente da scaffali stracolmi di prodotti d’animazione orientali. Da noi, in maniera davvero sconfortante, l’etichetta sotto cui vanno a finire le poche opere pervenute è “film per bambini”: esprimersi creativamente attraverso il disegno non equivale a rivolgersi ad un pubblico formato esclusivamente da bambini. Quando lo capiremo, anche in Italia?