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sabato, gennaio 14, 2012

[Cultura] Un film cristiano contro l’idolatria del Giappone, laico e statalista

Tokyo (AsiaNews) – Un gruppo di docenti cristiani sfida il “sistema imperiale” nel Giappone pre-bellico e cerca di affermare il diritto alla libertà religiosa contro il nazionalismo esasperato e la “deificazione” dello Stato. È la trama di un nuovo film, girato nel Sol Levante da un regista nipponico, che sarà presentato domani a Tokyo e il 28 gennaio a Osaka. Si tratta di una aperta provocazione al sistema laico e statalista del Paese, che affronta sempre di più le sfide legate all’emarginazione della religione nella società.

La pellicola si intitola “True to Myself” ed è stata presentata in anteprima al Festival del Cinema di Yamagata. Il regista, Toshikuni Doi (nella foto), racconta: “Si tratta di una storia vera, rappresenta come vivevano gli insegnanti durante il ‘sistema imperiale’ precedente alla II Guerra mondiale. Ma soprattutto parla degli sforzi di questi docenti, che oppongono la propria dignità per resistere alle pressioni sociali e affermare il diritto alla religione”.

Il “sistema imperiale” era un concentrato di propaganda politica e statalismo, che prevedeva il canto compulsivo dell’inno nazionale in tutte le scuole del Giappone e la preghiera alla bandiera del Sol Levante. In questo regime, le religioni – soprattutto il cristianesimo – erano avversate in quanto “occidentali” e “anti-statali”. Una situazione simile a quella attuale: anche se la Costituzione garantisce libertà di credo, infatti, fino al 1999 il sistema sociale giapponese “stimolava l’idolatria”.

A dirlo è Miwako Sato, insegnante di musica e membro della Chiesa unita di Cristo in Giappone. Secondo l’insegnante, “il film aiuterà tutti noi a prendere coscienza di quello che è avvenuto con la forza nelle scuole giapponesi. La bandiera e l’inno nazionale imposti per forza, un sistema noto come Kimigayo”. Secondo diversi critici, questo sistema ha violato i diritti costituzionale di pensiero, coscienza, religione e educazione. Per Sato “era un sistema piramidale di discriminazione”.

Sato, che si è opposta in prima persona a questo sistema, conclude: “Il merito di questo impegno va dato al mio defunto padre, che è stato prigioniero di guerra prima di dedicare la propria vita alla pace nella veste di pastore cristiano. Mi disse una volta che se non mi fossi opposta a questo regime sarei stata giudicata da Dio. Spero che il film arrivi alle comunità cristiane di tutto il mondo: noi abbiamo dato il massimo, vorrei che ci fosse una pressione esterna contro questo sistema”.